GLI
INNOVATORI NELLA BATTERIA
(1910-2001)
Ha
lasciato grandi testimonianze anche didattiche. Originario di New Orleans si fa
influenzare dalla cultura creola e conosce perfettamente le tecniche di rullante
(che da ragazzo suonava nei funerali). Ama accompagnare senza alzare
eccessivamente il tono. Utilizza spesso campanacci e wood blocks messi sopra la
cassa nella posizione dei tom. Con questi strumenti faceva fantasiosi intrecci
ritmici e melodici. Non usava ancora il charleston, ma suonava soprattutto
rulli, i press rolls, con un grandissimo groove.
Di
New Orleans, porta una ventata di novità arricchendo la batteria con
un’enorme varietà di tamburi, piatti e percussioni, fra cui i suoi
famosissimi wood blocks. E’ anche il primo batterista ad usare le spazzole.
New
Orleans, suona con Luis Russell, Dixie Sincopators, Louis Armstrong prima della
guerra
E’
uno dei grandi innovatori dello strumento, e crea un drumming che si svincola
totalmente dalla tradizione militare da cui attingevano i primi batteristi.
Preciso nel timekeeping e potentissimo negli assolo, è anche stato il primo ad
usare l’indipendenza dei quattro arti, costringendo gli altri batteristi a
seguire la sua strada. Dopo aver suonato con Louis Armstrong, ha formato una sua
propria orchestra in cui cantava Ella Fitzgerald.
Considerato
il miglior batterista bianco della swing era, segue gli insegnamenti di Dodds e
Singleton. E’ uno dei primi a dare delle regole all’accompagnamento (i
rudimenti, che all’epoca erano 24 e oggi sono codificati nel n.a.r.d.), che in
precedenza era solo improvvisazione ed è merito sui se il batterista viene
considerato al pari degli altri musicisti. Dagli anni 30 inizia a lavorare con
Benny Goodman, sia in orchestra sia in quartetto, dove sperimenta nuove tecniche
di swing. Nel dopoguerra è molto richiesto come sessionman anche per la
spettacolarità del suo drumming
Dal tocco leggero e elegante sui piatti, un maestro del charleston. per anni nell’orchestra di Count Basie, è capace di trascinare tutti in memorabili performance. E’ capace di soluzioni ritmiche e solistiche imprevedibili e spettacolari. Il primo batterista moderno da Big band, che ha elaborato le cose inventate da Gene Krupa per portarle poi con le orchestre. Notare nel video il movimento delle dita nei rulli e il timpano a sinistra.
Uno
dei primi solisti. Ha vissuto solo 41 anni, ma in maniera intensa, influenzando
tutti i suoi successori e anticipando il be bop. Maestro delle spazzole e del
timekeeping. (Benny Carter, Mc Kinney’s cotton Pickers. Fletcher Henderson,
Louis Armstrmg, Benny Goodman. Infine la All Star band di Armstrong, con grandi
parti solistiche.
E’
il prototipo del musicista maledetto, la cui carriera è stata segnata più
volte dall’abuso di alcool e droghe, che sono state la causa indiretta della
sua morte e la causa diretta delle innumerevoli e improvvise interruzioni della
sua carriera. Era però un innovatore, dotato di un drive poderoso, che
accompagnava sempre con gusto, ascoltando gli altri musicisti. Dotato di una
tecnica formidabile, suonava ai massimi livelli tutte le varianti del jazz della
prima metà del secolo.
Di
formazione classica, sa accompagnare in maniera fine e particolarmente attenta
al metronomo. Sostituisce Big Sid Catlett nella band di Louis Armstrong. E’ il
primo batterista che utilizza l’impugnatura timpanistica anche sul rullante.
Il suo solo “Topsy” si trovava persino nei juke box.
Luigi
Balassoni, calabrese di origine, è uno dei batteristi più importanti nel jazz
delle grandi orchestre. Goodman, Ellington, Basie. Molto fantasioso, è il primo
a usare la doppia cassa ed ha una tecnica che all’epoca era inferiore solo a
quella di Buddy Rich.
Amava
definirsi lui stesso “Il più grande batterista al mondo”. E’ spettacolare
sia quando accompagna, sia quando esegue gli assolo. Buddy è ancora oggi il
mito dei batteristi americani, quello che ha creato una grande orchestra di
successo quando le grandi orchestre stavano finendo, quello che non ha avuto
problemi a contaminare la sua musica con il pop, quello che ha sempre accettato
le sfide. E’ il batterista spettacolo.
Uno
dei creatori del be bop insieme a Charlie Christian, Charlie Parker, Dizzy
Gillespie, Thelonius Monk. Pone quindi le basi dell’improvvisazione moderna.
E’ l’inventore dello swing tenuto sul ride (in precedenza si teneva sul
rullante), che libera la mano sinistra per creare e spostare accenti sul
rullante. Il ritmo diventa così un’intensa emozione, che si può liberare
generando anche melodie. Ha vissuto per lunghi anni a Parigi influenzando molti
grandi jazzisti europei.
Il
“dottor” Max Roach (ha infatti ricevuto la laurea “honoris causa”
all’università di Bologna nel febbraio 2001) è l’uomo che ha dato alla
batteria la dignità di uno strumento melodico. Le sue composizioni solistiche,
come la famosissima “The drum also waltzes” sono vere e proprie canzoni, con
strofa, ritornello e improvvisazione. Padrone dei rudimenti è anche uno dei
grandi innovatori della poliritmia in senso melodico.
Famoso
batterista dell’orchestra di Stan Kenton nel dopoguerra. Non è un maestro
dello swing, ma sa imporre la sua presenza in maniera discreta, senza essere
invadente. Si adatta a qualsiasi situazione, ma la sua fortuna è dovuta
soprattutto al cinema ed alla televisione.
Jazz
Messenger. Drumming sanguigno, africano, esaltante. Orgy in Rhythm, orchestra di
quattro batterie e 5 percussionisti. Poliritmie imparate in Africa. Esplosioni
improvvise di musica. Uso pressante della cassa. Drum battle con Max, Elvin e
Buddy.
Mai
un brano ha reso così famoso un batterista. Con il quartetto di Dave Brubeck il
suo assolo in 5/4 di “Take five” è una pietra miliare, così come
l’esecuzione di “Blue rondo à la turk”.
Invece
di rifarsi ai suoi contemporanei, Philly è tornato indietro nel tempo, andando
a studiare lo stile dei primi batteristi, per sviluppare poi un drumming
poliritmico e originale. E’ il batterista più swingoso che c’è. Ha
inventato alcuni incastri fra tom timpano e cassa (oggi ripresi da Weckl) e il
rullo a rotazione che si può vedere sul video. E’ stato l’insegnante di
molti batteristi europei a Parigi.
Coleman,
Coltrane, Cherry, Antony Braxton. E’ di stile New Orleans, ma richiama le
influenze afro, ritmiche e melodiche. Maturando riduce all’osso le parti
solistiche.
Free
jazz di Coleman, manifesto della musica improvvisata. Gioca sulle sonorità, ma
è sempre quadrato sul tempo e nelle figurazioni. Originale e pulito
Il
poliritmo fatto persona, la ricerca totale dell’Africa, la batteria suonata
con energia e passione, un approccio fisico che coinvolge tutto il corpo.
Jack
de Johnette è un eccellente pianista e suona la batteria nello stesso modo in
cui suona il piano, con uno spiccato istinto melodico ed una grande attenzione
alle dinamiche ed alla musicalità. E’ aperto alle nuove sonorità, come
dimostrano le collaborazioni con batteristi come Will Calhoun
Vive
appieno gli stupendi anni in cui Miles Davis pone le basi del jazz elettrico,
lavorando con tutti i musicisti più innovativi. Grande nell’accompagnamento,
è padrone della poliritmia e dello spostamento degli accenti, che esegue
razionalmente, in maniera calcolata ma calda.
Un
mio compagno di classe diceva “Inserisci il filtro degli alti nel tuo
amplificatore e potrai ascoltare i Beatles senza il batterista”. Niente di più
sbagliato. Ringo ha creato il suono di un’epoca, ribadendo il ruolo della
batteria come strumento di accompagnamento (il solo di Abbey Road è suonato da
Paul McCartney). E’ il primo dei batteristi rock.
John
“Jab” Starks – Clyde Stubblefield
Al
Jackson
Roger
Hopkins
Funambolico.
Billy è estroso e spettacolare, dotato di un rullo ad uno impareggiabile e –
ancora oggi - di una velocità spettacolare. Tempi dispari, velocità e
strarulli: e i batteristi godono.
Airto
mescola le sue capacità di percussionista legato ai suoni della natura e della
sua terra, il Brasile, con le tecniche di batteria jazz rock. Un innovatore
nella contaminazione, un senso musicale fuori dal comune ed una tecnica così e
così. Ma la sua è proprio musica.
E’
il batterista di riferimento nel jazz di oggi. Raccoglie l’eredità di Shelly
Manne nell’orchestra di Stan Kenton, imparando che il senso dello swing è
dato solo dal piatto ride. E’ in grado di suonare qualsiasi genere con una
tecnica invidiabile, accompagnando con gusto e precisione.
E’
il più moderno fra i batteristi. Ha applicato i rudimenti a tutte le parti del
set dando vita a scomposizioni musicali di straordinaria bellezza e precisione.
Ogni suo suono è perfettamente ascoltabile ed ogni figurazione comprensibile.
E’ il batterista di riferimento della generazione attuale dei professionisti.
Esplode
a 19 anni con gli Emerson, Lake and Palmer. Porta gli studi di percussione
classica all’interno del rock, consegnando alla storia della musica quattro
anni fenomenali. Dopo quel periodo, il vuoto.
Sperimentatore
per eccellenza, dal suono pulito e dal rullante inconfondibile, ha conciliato
prima la musica classica con il rock, poi l’elettronica, infine è diventato
un campione dei tempi dispari e della scomposizione ritmica. Cerebrale e
millimetricamente preciso, molto inglese nell’approccio, è freddo ma
spietato.
Specialista
dei pattern complicati e delle ritmiche elaborate. Prende esempio dai batteristi
di James Brown che non fanno due ritmiche uguali durante tutto un concerto. I
pattern vengono così studiati, spostati, ripetuti all’infinito in un
linguaggio fluido ma freddo.
Jeff
Porcaro
John
Robinson
Steve
Ferrone
Alex
Acuna
Mike
Clarke
Ecco
un innovatore: la sua grande invenzione è stata la ritmica del disco Peter
Gabriel III, senza piatti né charleston. Esempio seguito poi anche da Bill
Bruford. Pattern percussivi, poliritmie e giochi sui tamburi.
Il
suono scattante della fine degli anni ’70 è tutto suo. Prende a prestito
alcune ritmiche reggae e integra i tom con tamburi di altra provenienza, come
gli Octoban e i timbales. A questo aggiunge tempi di metronomo super fast.
Groove.
Durante le esibizioni nei club di Los Angeles gli altri musicisti cercavano
spesso di lanciarlo in un assolo, ma lui continuava a suonare il suo groove,
preciso e fedele, senza perdere una briciola di feel. Il portamento è tutto per
Jeff, probabilmente il più grande batterista di studio del dopoguerra.
Joey
Baron
Bob
Moses
Bill
Stewart
Con
il suo mix di potenza e velocità rischia di confondere le idee, ma Simon è uno
che sa usare i tamburi melodicamente. Ha una tecnica fenomenale, è un Billy
Cobham versione rock, e nel rock bisogna ascoltarlo. Oggi suona fusion con
risultati deludenti.
Il
session man. Sulla scia di Porcaro e Gadd, ma con una spiccata personalità. Ha
suonato praticamente con tutti.
Nel
disco “So” di Peter Gabriel fa la rivoluzione. Inventa un nuovo modo di
suonare gli spalsh e porta un sound molto africano nella batteria rock. E’
formidabile nello spostamento degli accenti ed ha una musicalità innata.
Porta all’equilibrio l’interazione fra la batteria acustica ed elettronica, questo il suo principale merito, oltre ad aver integrato qualcuno degli studi di Steve Gadd sull’uso dei fill, spostandone gli accenti al fine di rendere più interessante il discorso ritmico
Dennis
non è un grande innovatore, ha preso molto da Cobham, ma pecca di gusto. E’
il simbolo del batterista tutto muscoli, che preferisce aggiungere note
piuttosto che toglierle. E’ comunque un grande spettacolo da vedere.
L’incontro
di diverse culture dà vita a volte a risultati straordinari. E’ il caso di
Gurtu, un indiano che ha vissuto molto in Europa, unendo la sua cultura musicale
tradizionale con quella jazzistica. Gurtu ha delle sonorità inconfondibili ed
una naturale familiarità con i tempi dispari. E’ anche una persona coltissima
(parla 7 lingue ed è uno studioso delle varie culture) e prima di suonare un
brano vuole sempre sapere quale è il suo significato.
Oggi
Bozzio è il batterista più rivoluzionario che esista. Ha intonato tutti i suoi
tamburi e suona la batteria come se fosse una tastiera, basando le composizioni
su degli ostinato dispari eseguiti con i piedi. Quando studia è fenomenale,
quando improvvisa perde un po’ del suo smalto.